Il mestiere di genitore e l'autostima dei figli - Psicologo Cento (Ferrara)
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IL MESTIERE DI GENITORE

Il mestiere di genitore

IL MESTIERE DI GENITORE

Genitori che amano e che accettano. IL DIFFICILE MESTIERE DEL GENITORE

Il mestiere di genitore. La maggior parte dei genitori ad un certo punto prova a fare un bilancio della relazione con il proprio figlio e può sentirsi appagato o deluso da ciò che vede. Alcuni genitori possono avvertire la necessità o il desiderio di crescere e migliorarsi. Altri possono mettersi alla ricerca di possibili soluzioni per tentare di superare il senso di impotenza o la frustrazione che a volte si può provare di fronte ai figli.

 

In ogni caso ciò che è fondamentale è la capacità di porsi delle domande su sé stesso e sul modo in cui si interpreta il ruolo genitoriale.

 

  Quando una persona si sente sicura e certa di come sta viaggiando allora evita di farsi delle domande, evita di mettersi in discussione. Al contrario chiedersi “che genitore sono” oppure “che genitore sono stato” permette di monitorare sé stessi e capire se siamo sulla buona strada oppure no. Per questo è importante distinguere tra  fare il genitore ed essere genitore.   

 

COSA SIGNIFICA “FARE IL GENITORE”

Fare il genitore ci spinge a cercare soluzioni, rimuovere ostacoli, affrontare problemi o portare a termine un compito. Nel fare il genitore metto in campo azioni, mi impegno, mi applico per fare tutto ciò che devo al fine di condurre mio figlio alla soglia della sua indipendenza.

 

COSA SIGNIFICA “ESSERE GENITORE”

Lessere genitore ci porta invece ad essere più riflessivi, introspettivi, a pensare prima di agire, a riflettere su ciò che si è fatto. L’essere genitore ti spinge a metterti in gioco e invece di dire “io sono fatto così” fa sì che tu possa approfittare dell’esperienza che stai vivendo o hai vissuto come un’opportunità di crescita e cambiamento.

 

Fare il genitore ed essere genitore ci consentiranno di creare e mettere a disposizione dei figli il nutrimento essenziale perché possano nutrire la loro autostima. L’autostima è la convinzione che ciascuno di noi ha su sé stesso, su chi siamo, cosa sappiamo fare, quante possibilità abbiamo secondo noi di arrivare là dove desideriamo.

 

COME SI FORMA L’ AUTOSTIMA DEI FIGLI

Come si forma questa importante convinzione che abbiamo su noi stessi? Il primo ingrediente è l’insieme delle informazioni e feedback che riceviamo dagli altri. Come gli altri ci giudicano o come pensiamo ci possano giudicare. Questa convinzione viene costruita fin dalla prima infanzia, con gli apprezzamenti o con le squalifiche che abbiamo ricevuto e registrato nel corso del tempo.

Più specificatamente l’autostima è data dal rapporto tra come noi stessi ci percepiamo, ovvero ciò che sappiamo fare, le nostre abilità e competenze, e ciò che vorremo essere, ciò a cui aspiriamo.

 

Gli adolescenti che hanno un buon livello di autostima vivono con un atteggiamento positivo nei confronti della vita, si concentrano sui punti di forza e accettano i propri limiti. Sono gli adolescenti che si impegnano per raggiungere le proprie mete e i propri obiettivi puntando all’autorealizzazione, non sicuri di potercela fare ma certi di avere le carte in regola almeno per poterci provare con fiducia.

 

Gli adolescenti che hanno un basso livello di autostima al contrario vivono la profonda discrepanza tra ciò che percepiscono di loro stessi e ciò che vorrebbero essere per cui si sentono inadeguati, sfiduciati e con un atteggiamento spesso rinunciatario. Si sentiranno quindi fragili, vulnerabili, ipersensibili alle critiche, svalutati e ogni insuccesso sarà vissuto come la prova di essere un fallito.

 

I PRIMI ANNI DI COSTRUZIONE DEL RAPPORTO AFFETTIVO GENITORE – FIGLIO

Facendo un passo indietro e tornando ai primi anni della costruzione del rapporto affettivo tra il genitore ed il figlio in età infantile non si può fare a meno di osservare come nella maggior parte dei casi all’inizio il figlio viene percepito e vissuto come il più bello, il più capace, intelligente ecc…

 

Poi arriva il momento in cui le sue prestazioni, di qualunque genere esse siano, iniziano ad essere paragonate a quelle degli altri e alcune aspettative genitoriali sono inevitabilmente deluse perché il figlio non fa quello che il genitore si aspetta. Le modalità attraverso le quali un genitore può far sapere al figlio di essere deluso da lui sono innumerevoli. Il genitore può dire ad alta voce:

 

  • “Sei il solito incapace” oppure
  • “Hai sbagliato nuovamente, sei proprio un disastro” oppure
  • può trasmetterlo con una smorfia o uno sguardo tendente al disgusto

    In quel preciso istante, anche se non intenzionalmente, il genitore non sta comunicando al figlio che ha fatto qualcosa in modo insoddisfacente o maldestro, bensì di essere convinto che il figlio è proprio un incapace. In questo modo il genitore ha minato la sicurezza di base del figlio. Sicuramente una sgridata mal fatta provoca sofferenza al figlio tuttavia ricordiamo che da sola non può mettere a repentaglio l’idea che il figlio si è fatto di sé stesso, soprattutto se si inserisce in un rapporto affettivo dove il messaggio prevalente è “tu vali e noi genitori crediamo in te”.

 

IN CONCLUSIONE

In conclusione nell’immagine che un bambino crea di sé stesso e di quello che vorrebbe diventare, assume un valore fondamentale il giudizio degli altri, dei genitori in particolare e poi degli insegnanti e del gruppo dei coetanei in seguito.

Le informazioni che sono legate alla “conquista” e alla “accettazione” vengono reinterpretate dal bambino nel suo repertorio cognitivo ed emotivo e diventeranno elementi

fondamentali per sviluppare tutte le proprie capacità e potenzialità.   

Benedetta Micol Marangoni offre sostegno alla genitorialità presso gli studi professionali a Cento (Ferrara) e Mirandola (Modena) presso:

Studio di Psicologia Cento (Ferrara)

Studio di Psicologia Mirandola (Modena)

 

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